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Diario di Viaggio: Malesia tra meraviglie e disavventure

Vi è mai successo di intraprendere un viaggio verso un paese di cui non conoscevate nulla, né tanto meno eravate interessati a visitare? A me è capitato con la Malesia diversi anni fa. Ricordo che quando il mio fidanzato, Enrico, mi propose questa destinazione per le nostre vacanze, fui scettica: la Malesia non era in cima alla mia personale classifica delle “mete da visitare almeno una volta nella vita”, ma alla fine mi sono lasciata convincere perché comunque sarebbe stata una nuova esperienza e dopo tutto, ogni lasciata è persa… no?

Quindi, eccomi qui a scrivere il mio diario di viaggio. Sono pronta a condividere con voi tutte le mie disavventure e mi raccomando, leggete il tutto con spirito ironico!

La prima settimana di marzo, abbiamo preso un volo Emirates da Venezia, fatto scalo con fermata a Dubai un paio di giorni e poi a Singapore, prima di raggiungere le isole Perhentian in Malesia. Da Singapore alle isole è stato un viaggio assai traumatico; avevo infatti acquistato, per soli 15€, un volo interno Singapore – Kota Bharu con una compagnia low-cost locale, la FireFly. Ad essere onesta non la conoscevo, ma le recensioni su internet erano buone così mi sono detta: “ok dai proviamo! Sarà come la Ryanair…”; ovviamente mi sbagliavo, infatti, arrivati in aeroporto, ci siamo imbarcati su un piccolo aereo, un ATR con eliche. L’aereo poteva trasportare al massimo 70 persone ma a bordo eravamo solo in 8 (compresi pilota e hostess), il che mi ha fatto davvero agitare. Subito dopo il decollo, abbiamo incontrato le prime avversità, imbattendoci in forti turbolenze durate per tutto il tragitto. Penso di non aver mai pregato così tanto in vita mia!!

Almeno l’atterraggio è stato regolare e il personale di bordo prima di scendere mi ha regalato un muffin, un piccolo modo per rendere più dolce un brutto ricordo!

All’uscita del minuscolo aeroporto di Kota Bharu, in pochi minuti i passeggeri si sono dileguati mentre io ed Enrico, non sapendo bene cosa fare, ci siamo rivolti all’ unico uomo munito d’auto che abbiamo trovato. Il tizio non aveva la scritta “taxi” sulla macchina e non parlava bene inglese, tuttavia si è offerto di accompagnarci al porto di Kuala Besut Terengannu; date le scarse alternative che avevamo, ci siamo fidati. In poco tempo la strada si è fatta deserta, dal finestrino scorgevo una fitta giungla e ogni tanto attraversavamo dei piccoli villaggi. Da qualunque parte guardassi, vedevo solo palme, palme e ancora palme. Arrivati a destinazione, dopo aver pagato e salutato il “taxista”, ho realizzato che comunque siamo stati fortunati perché avrebbe potuto derubarci o farci del male lungo la strada e se fosse successo, nessuno se ne sarebbe accorto.

Ogni tanto però ci vuole un po’ di ottimismo nella vita!

 

A questo punto pensavo che le cose stessero cominciando a girare per il verso giusto. Acquistiamo un biglietto A/R per Palau Perhentian in motoscafo ma, per nostra sfortuna, arriviamo per ultimi all’imbarco e così siamo stati costretti ad occupare gli ultimi posti liberi a prua. In tutto eravamo una decina di persone a bordo, seduti stretti come sardine con le valigie al centro. Il tragitto è durato mezz’ora, ma anche questa volta è sembrato infinito: il mare infatti era agitato e tutti urlavano come dei pazzi (me compresa) cercando di restare aggrappati gli uni con gli altri, nella speranza di non venire sbalzati fuori dalle onde. (Maledetta quella volta che ho accettato di andare in Malesia!!!)

E’ stata una vera gioia raggiungere la terra ferma!

La bellezza delle Perhentian mi ha subito affascinata: sabbia bianca, acqua color smeraldo, animali liberi, giungla rigogliosa e tanto caldo! Abbiamo trascorso diversi giorni riposandoci sotto le palme, facendo snorkeling sulla barriera corallina, vivendo la natura e mangiando pesce appena pescato per cena. Finalmente la vacanza tanto sognata era arrivata!

Un pomeriggio un ragazzo del posto, che organizza escursioni, ci ha portati a fare il giro dell’isola, scoprendo così la spiaggia più bella in assoluto: Turtle Beach, un piccolo angolo di paradiso, raggiungibile solo in barca. A quel punto, ci ha lasciati con l’accordo di tornare a riprenderci circa un’ora dopo. Ci siamo così avviati ad esplorare quel luogo magnifico e incontaminato, scattando qualche foto, nuotando nell’acqua cristallina e prendendo il sole spensierati. All’ora prestabilita però il nostro amico non arrivava, mentre tutti gli altri turisti se ne stavano andando. In poco tempo siamo quindi rimasti SOLI sulla spiaggia, nessuno all’orizzonte… PA-NI-CO!

Ovviamente i pensieri scorrevano a fiumi: “e adesso?”…”Siamo bloccati qui fino a domani?”…”Dove dormiamo questa notte? Sopra a un albero?” “e se ci sono animali pericolosi?” … Dopo 40 minuti di ritardo finalmente avvistiamo la barca rosso-nera della nostra guida… che sollievo! (vi immaginate un malese tifoso del Milan??? ahahah mi sono stupita quando ha raccontato di seguire con interesse il calcio italiano e di aver dipinto la barca dei colori della sua squadra del cuore!)

Da quel momento sono cominciate le disavventure (o forse sono continuate dato l’inizio?) che hanno poi segnato profondamente la mia opinione sulla Malesia. Cominciando dall’alloggio, quotato come uno dei migliori dell’isola, il Perhentian Island Resort non mi ha soddisfatto: Durante giorno alcune scimmiette giocavano sopra i tetti dei vari bungalow e una di loro mi ha anche rubato la crema solare che avevo appoggiato sul davanzale…va beh pazienza, sono animali selvaggi e può capitare. Poi però una notte, in camera, ho sentito dei rumori strani provenire dall’impianto di condizionamento (spento) e ho capito che si trattava di lucertole… ANSIA.  Durante il giorno non riuscivamo a trovare dei posti dove pranzare, riducendoci ad acquistare gelati confezionati al negozio di souvenir. Non c’erano bar, né supermercati e il ristorante del resort apriva verso sera.

Ciò che mi ha preoccupata maggiormente è stato una mattina, quando Enrico si è svegliato con tre enormi macchie rosse sulla gamba; siamo corsi alla reception per chiedere aiuto e solo in quel momento abbiamo realizzato dell’assenza di dottori e farmacie sull’isola. Nessuno sapeva dirci cosa gliele avesse provocate e io, ipocondriaca come sono, ho subito pensato a una puntura di un ragno o di un insetto velenoso. Così, seduta stante, abbiamo anticipato la partenza per Kuala Lumpur prenotando con l’iphone un biglietto aereo per il giorno successivo. Nel frattempo, consultando google, abbiamo capito che a pungere Enrico era stata, con molta probabilità, una “cimice dei letti” annidata nel nostro materasso (BLEAHHH); quindi appena raggiunta la città, abbiamo acquistato una crema al cortisone.

Chiuso con gioia il capitolo Perhentian Island, a Kuala Lumpur siamo riusciti a trascorrere gli ultimi giorni della nostra vacanza in tranquillità in un hotel pulito, il Pacific Regency, trovando ristoranti accettabili e visitando le più importanti attrazioni.

In cima alla mia lista delle cose da vedere, c’erano le famose Petronas Twin Tower, un vero spettacolo di architettura, dove alla base si trova il centro commerciale Suria KLCC; al suo interno ci sono moltissimi negozi, dai brand più lussuosi a quelli più economici… un paradiso per i maniaci compulsivi di shopping come me! Molto carino anche il Parco KLCC dove ho avvistato alcuni scoiattoli scorrazzare tra gli alberi, ma sinceramente erano abbastanza brutti, sembravano dei ratti!

Una sera abbiamo cenato al ristorante “Atmosphere 360°”, situato sulla KL Tower e chiamato così perché ruota lentamente mostrando dall’alto Kuala Lumpur a 360 gradi. Mi è piaciuta molto la vista panoramica sulla città, decisamente meno piacevole è stato il cibo a buffet, con menù misto asiatico/internazionale; ancora ricordo la scritta “carbonara pasta” su una pirofila contenete delle penne annegate nel formaggio…

Di questa città ho adorato le Batu Caves, grotte calcaree considerate sacre; in questo sito si trovano anche dei templi induisti. Quando siamo arrivati abbiamo subito notato la statua dorata di Murugan, la divinità della guerra a cui sono state dedicate le grotte, alta 42 metri e incantevole nella sua fierezza. Per raggiungere le grotte, si sale per ben 272 gradini che di recente sono stati ridipinti con i colori dell’arcobaleno; gli induisti salgono scalzi, talvolta portando degli omaggi di frutta.

Concludo il mio diario di viaggio della Malesia raccontandovi la scena più esilarante della mia vita, che ho vissuto proprio in questo luogo (e che difficilmente dimenticherò). Premessa: Nelle Batu Caves si celebrano giornalmente delle funzioni religiose e intorno le scimmie si aggirano libere nella grotta; sono dei macachi per niente simpatici, anzi spesso sono aggressivi e derubano i turisti. Detto questo, mentre osservavo la bellezza del posto, mi sono accorta che uno di loro stava lottando in modo ridicolo con un gallo (si c’erano anche dei galli, non chiedetemi perché), così ho provato a scattare una foto, ma il macaco, infastidito dal flash, mi ha guardato mostrandomi la sua dentatura e senza battere ciglio si è avventato verso di me… Enrico rideva godendosi la scena, mentre io, inseguita dalla scimmia, disperata scappavo chiedendo aiuto sotto lo sguardo contrariato dei presenti che stavano pregando. Perché capitano sempre a me??!!

Quindi amici, tornerei in Malesia? NO.  Sono felice di esserci stata? Ovviamente SI! E’ stata un’avventura inaspettata e a tratti anche tragi-comica, ancora rido da sola ripensando a cosa ho vissuto… adoro tornare a casa da un viaggio e avere 1000 cose da raccontare!

Ciao, alla prossima!! ♥

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